Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
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Comune di Trento
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Trento, 24 marzo 2015 Non condivido la delibera, oggi in discussione, che propone di modificare il regolamento sulla vigilanza urbana per fronteggiare il fenomeno della prostituzione. Molte sarebbero le riflessioni di ordine culturale e sociale. Mi limiterò ad alcune veloci considerazioni. Tecnicamente la proposta mi sembra inutile e probabilmente illegittima (circostanza ammessa dagli stessi proponenti nella relazione: e dunque che senso ha proporre norme che si sanno essere non ammissibili? Pura demagogia, temo). Vi è peraltro una sentenza della Corte Costituzionale del 2011 che dichiara fuori legge le multe ai clienti ed illegittima la norma con cui alcune amministrazioni assegnavano poteri straordinari ai Sindaci per l'adozione di questo tipo di provvedimento. Va anzitutto premesso che la prostituzione (che necessariamente implica anche la “trattativa” con il cliente) non è vietata dalla legge Merlin (legge che ha resistito oltre 50 anni e che ha radicalmente modificato il regime vigente sotto il fascismo denominato delle “case chiuse”), la quale punisce essenzialmente lo sfruttamento della prostituzione, fenomeno che lega la prostituzione alla malavita (che incassa la maggior parte del denaro). Posto che per la legge italiana non costituisce reato né prostituirsi né accompagnarsi con una prostituta. Per reprimere chi sfrutta la prostituzione esistono norme e strumenti più che sufficienti, qualora lo si voglia fare. Esistono norme per reprimere eventuali schiamazzi notturni, soste che intralciano il traffico, comportamenti contrari al comune senso del pudore, col vantaggio che si tratta di disposizioni già collaudate la cui applicazione non provocherebbe impugnative di sorta. La norma proposta consentirebbe ai vigili di multare chiunque si fermi su una strada a parlare con una donna (o un uomo, immagino, visto che ci sono anche i “trans”). Questa previsione viola diritti elementari (si pensi solo a chi fa autostop, visto che la norma si applica non solo la sera, ma in ogni ora). Osservo infine che questa norma che si vorrebbe introdurre non tocca minimamente la repressione dell’unico reato connesso alla prostituzione, vale a dire il suo sfruttamento. Nel merito è un dato di fatto incontestabile che gran parte del pianeta a tutt’oggi si regge sulla schiavitù sessuale di milioni di esseri umani. Esseri umani deboli: donne e bambini spesso appartenenti a minoranze etniche. Si tratta di una vera e propria tratta degli schiavi. Su di essa si regge in buona parte il nostro mondo libero e globalizzato, né più né meno del sud degli Stati Uniti prima di Lincoln e della guerra di secessione. Durante gli anni ’90 , nel solo sud- est asiatico, questa tratta ha fatto 33 milioni di vittime: tre volte quelle dell’intera storia degli schiavi africani, che nell’arco di ben 4 secoli sono stati 11 milioni e mezzo. E da poco più di un ventennio lo stesso discorso vale per i paesi dell’ex Unione sovietica, dell’Europa centrale e dei Balcani. La prostituzione nel sud del mondo fa addirittura parte della strategia di sviluppo di molti paesi asiatici che, dovendo rimborsare il famoso debito, hanno accettato incoraggiamenti dal Fondo Monetario internazionale e prestiti dalla banca mondiale, concessi per sviluppare le proprie industrie del turismo e del divertimento. Ma nei rapporti ufficiali sulla globalizzazione, fra i costi e i ricavi, l’industria del sesso non appare mai. Per quanto riguarda il nostro paese, se consideriamo la prostituzione immigrata, si sa che esistono persino dei “campi di annientamento”: le prostitute si ottengono con la violenza, servono 20 giorni per sottomettere una donna. Ecco perché per molte delle donne ridotte in schiavitù la soluzione sta nel colpire coloro che le sfruttano, ma anche nell’intervenire soprattutto a livello culturale, di conoscenza e di informazione sulle dinamiche che stanno alla base di questo fenomeno, sulla domanda. Le resistenze sono molte, l’ignoranza anche, ma prima o poi una società che vuole definirsi civile, deve arrivare a capire che l’essere umano non è nato per essere merce ed è chiaro che chi si accompagna con donne ridotte in schiavitù diventa complice di questo atroce delitto: approfittare di un essere umano che non è libero di decidere della propria vita. Anche per questo non voterò a favore della la mozione testé presentata, che presenta il fenomeno solo come un problema di ordine pubblico e non lo considera dalla parte delle vittime, corpi in vendita e non persone, con un’anima ferita e lacerata. Donne che subiscono abusi e violenze, che fuggono da guerre, torture e abusi. Dalla fame e dalla povertà. Che non sono più detentrici di diritti, che perdono via via la loro dignità nel degrado di ogni giorno, di ogni notte. Donne senza storia e senza nome. Molto più utile e importante sarebbe invece fare quello che molte amministrazioni comunali fanno, insieme ad associazioni di volontariato laiche e religiose, con interventi in strada, con attività di recupero, accoglienza e sostegno delle vittime, per la loro reintroduzione nella società e nel lavoro, oltreché per la tutela e la difesa, loro e delle loro famiglie, da chi le sfrutta in Italia e nel paese d'origine. Restituendo loro la dignità di esseri umani. Un lavoro molto utile di riduzione del danno, teso a creare coscienza e sensibilità negli stessi “utilizzatori finali” e nella società nel suo insieme più che a reprimere e sanzionare con multe che, a quanto risulta dai dati statistici, quasi nessuno paga. Lucia Coppola
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